E mo de che parlo?

7 aprile, 2008
Understatement: è quello che ho percepito rileggendo i post che precedono questo. “Certo!” mi dico, “mi metto davanti al computer una volta a settimana per il mio momento di riflessione che voglio condividere, ecco perché sono così serioso, senza brio, troppo giusto, da libro cuore” (citazione tratta dagli estratti sconclusionati di un giovane xxx (a voi l’opzione di scegliere)). Allora la domanda sorge spontanea, almeno a me che ci ho riflettuto un po’: “Ma per essere responsabile, un’azione deve seguire l’essere o il dover essere?” Ho cercato di rispondere senza scendere negli universalismi che ci porterebbero a dire che nessuna delle due opzioni è condivisibile. In soldini: si sa sempre ciò che è responsabile, ma è responsabile seguire anche i propri istinti? Si è responsabili ascoltandosi piuttosto che seguendo un copione impostoci da noi stessi e dagli altri? Sta di fatto che questa è una tematica sfiorata nel primo incontro di “Muttley fa qualcosa“, molto carino, nel quale, in un ambiente amichevole, stimolante  e “semi – spontaneo”:-) (mamma mia come vengono orribili gli emoticons in corsivo!) le mie rotelle arrugiinite hanno ri-cominciato (per salvare il salvabile della mia autostima) a ruotare.  
Il tutto, per trarre le somme è: non tutto ciò crediamo debba essere, lo è veramente, ma soprattutto non tutto ciò che crediamo di dover essere, lo deve essere veramente. Rilassiamoci,e siamo irresponsabilmente responsabili scegliendo di non dover percorrere la nostra vita su un binario di ferro, dove per forza ci deve essere senso. Forse è l’unica cosa sensata.